ESSERE O NON ESSERE
AMLETO (ATTO III, scena 1) William Shakespeare1602MONOLOGO
Traduzione
di Balestra Adriano. 2008
(Questa
è una semplice traduzione letterale. Quelle ufficiali sono distorte, perché il
traduttore presuntuoso e invidioso del Genio, si sente in diritto di modificare l'originale)
Amleto:Essere, o non essere: questo è il problema:
se sia più nobile soffrire nell’animo
le fiondate e le frecce di un destino atroce,
o prendere le armi contro un mare di difficoltà,
e contrastandole, farla finita con esse?
Morire: dormire;
niente di più; e con un sonno dire che mettiamo fine
alle pene e alle migliaia di colpi naturali
che la carne eredita, è una conclusione
da desiderare fervidamente.
Morire, dormire;
dormire: forse sognare: si, lì sta l’ostacolo;
perché in quel sonno di morte quali sogni possono venire
quando ci siamo trascinati fuori da questa spirale mortale,
e devono darci riposo: lì sta l’aspetto
che rende una miseria una vita così lunga;
perciò chi vorrebbe sopportare le frustate e gli insulti del tempo,
l’ingiustizia dell’oppressore, l’insolenza dell’uomo arrogante,
gli spasimi dell’amore disprezzato, il ritardo della legge,
l’insolenza del potere e i rifiuti
che il merito paziente riceve dagli ignobili,
quando egli stesso potrebbe ottenere la sua quiete
con un nudo stiletto? Chi vorrebbe sopportare fardelli,
grugnire e sudare sotto una vita estenuante,
se non per il terrore di qualcosa dopo la morte,
la terra non scoperta dal cui confine
nessun viaggiatore ritorna, lascia perplessa la volontà
e ci fa piuttosto sopportare quei mali che abbiamo
piuttosto che volare verso altri che non conosciamo?
Perciò la coscienza ci fa tutti vigliacchi;
e perciò il colore naturale della risoluzione
si scolora in essa con la pallida qualità del pensiero,
e imprese di gran vigore e importanza
a questo riguardo sono deviate dai loro corsi,
e perdono il nome di azione.
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